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Indicazione indennità esproprio e legittimità atto

Pubblico
Sabato, 13 Aprile, 2019 - 18:00

Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, (Sezione Prima), sentenza n. 462 del 11 aprile 2019, sui provvedimenti espropriativi e rapporto indennità

 

N. 00462/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01000/2000 REG.RIC.

N. 01221/1998 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1221 del 1998, proposto da 
OMISSIS in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Emanuele M. Forner, Annamaria Tassetto, Franco Zambelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Franco Zambelli in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22; 

contro

Comune di Portogruaro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Roberto Chiaia, Katia Maretto, Roberta Brusegan, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’Avvocatura della Città Metropolitana di Venezia, in Mestre Venezia, via Forte Marghera 191; 

 

sul ricorso numero di registro generale 1000 del 2000, proposto da 
OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Emanuele M. Forner, Annamaria Tassetto, Franco Zambelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Franco Zambelli in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22; 

contro

Comune di Portogruaro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Roberto Chiaia, Katia Maretto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’Avvocatura della Città Metropolitana di Venezia, in Mestre Venezia, via Forte Marghera 191; 

per l'annullamento,

previa sospensione

quanto al ricorso n. 1221 del 1998:

- della deliberazione della Giunta comunale del Comune di Portogruaro del 16.02.1998 n. 88,

- nonché di ogni altro atto, procedimentale o sostanziale connesso o conseguente, con particolare riferimento alla perizia suppletiva e di variante n. 2 Piano particellare di esproprio marciapiedi dall’angolo via Manin/Via del Fondaco al Lemene allegato alla predetta deliberazione con ogni relativa statuizione di legge;

quanto al ricorso n. 1000 del 2000:

- della deliberazione della Giunta comunale del Comune di Portogruaro del 26.6.1999 n. 313,

- nonché di ogni altro atto, procedimentale o sostanziale ad esso presupposto, connesso o conseguente, con particolare riferimento alla perizia suppletiva e di variante n. 3 quater: integrazioni al Piano particellare di esproprio marciapiedi all’angolo di Via Manin/Via del Fondaco al Lemene allegato alla predetta deliberazione, con ogni statuizione di legge.

 

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Portogruaro;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 119, comma 1, lett. f) c.p.a.;

Visto l’art. 70 c.p.a.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 marzo 2019 la dott.ssa Silvia De Felice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. La Società ricorrente espone di essere proprietaria di un immobile nel centro di Portogruaro e che il Comune nel 1997 ha intrapreso dei lavori per realizzare una pista ciclabile mediante la realizzazione di un cordolo in cemento lungo due lati dell’edificio e predisponendo una gittata in cemento per la pavimentazione, occupando senza alcun titolo parte della proprietà della ricorrente.

2. Un’azione possessoria proposta avanti il giudice civile, come sottolineato nella memoria prodotta in giudizio dal Comune in prossimità dell’udienza pubblica, ha avuto esito negativo.

3. Il Comune con deliberazione di Giunta n. 88 del 16 febbraio 1998, cui è allegato un piano particellare di esproprio e il nuovo quadro economico dell’opera comprendente anche le somme per l’indennità di espropriazione, ha approvato una perizia suppletiva di un precedente progetto disponendo la pubblicautilità dell’opera e l’occupazione di urgenza con particolare riferimento, per quanto qui di interesse, al mappale 323 di proprietà del ricorrente.

4. Con ricorso r.g. n. 1221 del 1998, tale provvedimento è impugnato per le seguenti censure:

I) violazione dell’art. 5 bis del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, in legge 8 agosto 1992, n. 359, e dell’art. 55 della legge 8 giugno 1990, n. 142, perché il Comune ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio ha tenuto conto del costo della mera superficie e non della potenzialità edificatoria del bene da espropriare, prevedendo dunque una somma nettamente inferiore a quella realmente spettante, con conseguente illegittimità del provvedimento impugnato per difetto di copertura finanziaria.

II) eccesso di potere, perché il Comune, attraverso l’adozione della impugnata delibera n. 88/1998 ha inteso sanare, a posteriori, in modo del tutto illegittimo, l’iniziale occupazione de facto del bene di proprietà del ricorrente.

5. Successivamente, il Comune con deliberazione di Giunta n. 313 del 26 giugno 1999 ha esteso la procedura ablatoria anche al mappale 324, di proprietà del ricorrente, e tale provvedimento è impugnato con ricorso r.g. n. 1000 del 2000, per le medesime censure già proposte con il ricorso r.g. n. 1221 del 1998.

6. Si è costituito in giudizio il Comune di Portogruaro eccependo sotto plurimi profili l’inammissibilità e l’infondatezza dei ricorsi.

7. Con ordinanza n. 695 del 20 maggio 1998, è stata respinta la domanda cautelare proposta con il primo dei ricorsi, e con ordinanza n. 606 del 12 aprile 2000, la domanda cautelare proposta con il secondo.

8. Alla pubblica udienza del 18 dicembre 2017, la causa è stata trattenuta in decisione.

9. Con sentenza del T.A.R. Veneto, sezione I, del 03.01.2018, n. 9, disposta la riunione dei ricorsi, si è dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo: quanto al primo motivo, perché con lo stesso la parte ricorrente avrebbe censurato nel quantum la stima dell’indennità di espropriazioneeffettuata dall’Amministrazione, proponendo una questione attinente a diritti soggettivi, che esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo e deve essere invece portata alla cognizione del giudice ordinario; quanto al secondo motivo, perché la parte ricorrente avrebbe censurato l’illegittimità dell’occupazione sine titulo della propria proprietà, antecedentemente ed indipendentemente all’esercizio di qualsiasi attività provvedimentale.

10. Avverso tale sentenza è stato proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato, che con la sentenza del 22.11.2018, n. 6601 (e successiva ordinanza collegiale n. 231/2019 di correzione di errore materiale), in parziale accoglimento dell’appello, ha dichiarato la sussistenza della giurisdizione amministrativa, rilevando che attraverso le censure proposte il ricorrente ha inteso contestare, da un lato, l’illegittima sanatoria ex post dell’occupazione del bene immobile, avvenuta inizialmente sine titulo, mediante l’adozione del provvedimento dichiarativo della pubblica utilità e della necessità di occupare in via d’urgenza il bene, e, dall’altro lato, la legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati per violazione delle norme di regolarità finanziaria e mancanza di copertura finanziaria.

I ricorsi sono stati quindi rinviati al T.A.R. Veneto per la relativa decisione.

11. In via del tutto preliminare, il Collegio dà atto che – in applicazione del principio generale “tempus regit actum” desumibile dall’art. 11, primo comma, delle disposizioni sulla legge in generale, in virtù del quale l'atto processuale è soggetto alla disciplina vigente al momento in cui viene compiuto, sebbene successiva all'introduzione del giudizio - ai suindicati ricorsi deve ad oggi applicarsi il rito di cui all’art. 119 c.p.a., in quanto gli stessi hanno ad oggetto controversie relative a “provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità (…)”.

Pertanto, i depositi di documenti, memorie e repliche effettuati dalle parti in vista dell’udienza pubblica del 20 marzo 2019 di trattazione dei ricorsi nel merito, risultano tempestivi, in quanto avvenuti nel rispetto dei termini di cui al succitato art. 119 c.p.a..

12. Deve, peraltro, essere disposta la riunione dei giudizi promossi con i ricorsi indicati in epigrafe, ai sensi dell’art. 70 c.p.a., attese le connessioni soggettive e oggettive tra essi esistenti.

13. Sempre in via preliminare si rileva che la parte ricorrente, con le proprie memorie ex art. 73 c.p.a., ha formulato alcuni rilievi sulla regolarità del conferimento della rappresentanza in giudizio agli avvocati dell’Ufficio unico di Avvocatura Civica Metropolitana, da parte del Comune di Portogruaro, in luogo del precedente difensore.

Sotto un primo profilo, infatti, il ricorrente evidenzia che non vi sarebbe perfetta coincidenza tra gli avvocati indicati nella delibera di Giunta comunale contenente l’autorizzazione alla costituzione in giudizio e gli avvocati cui è stato conferito il mandato da parte del Sindaco.

Premesso che tali rilievi sono stati svolti in termini generici e dubitativi, senza la formulazione di una censura formale, giova a tal proposito precisare che l’Amministrazione resistente ha dapprima revocato il mandato conferito al precedente difensore e, in seguito, sulla base di apposita convenzione sottoscritta tra gli Enti interessati, ha conferito agli avvocati appartenenti al suddetto Ufficio unico un nuovo mandato disgiunto, posto in calce all’atto di costituzione e regolarmente sottoscritto dal Sindaco, unico soggetto cui spetta la legale rappresentanza dell’Ente, perciò legittimato a stare in giudizio ai sensi dell’art. 75 c.p.c., e unico soggetto che può legittimamente conferire la procura alle liti (cfr. Cass. Civ., sez. III, 06.04.2011, n.7867).

Ai fini del conferimento del potere di rappresentanza ai difensori rileva tale mandato.

La delibera di Giunta, invece, rileva ai fini dell’autorizzazione alla costituzione in giudizio. Tale organo, infatti, anche se ha per Statuto il potere di autorizzare il Sindaco alla proposizione di azioni o a resistere in giudizio, è privo del potere di nomina del difensore. Quest’ultimo, anche nei casi in cui sia stato già indicato nella la delibera di Giunta, deve comunque essere nominato dal Sindaco, con conferimento di apposita procura alle liti (cfr. Cass. Civ., sez. trib., 04.08.2010, n. 18062).

Ciò detto, il mandato deve ritenersi correttamente conferito ai tre difensori dell’Ufficio unico.

Sotto un secondo profilo, il ricorrente si limita a prospettare alcuni dubbi sulla validità della convenzione stipulata dal Comune con la città Metropolitana per la gestione associata e/o coordinata del contenzioso, evidenziando che deve ritenersi illegittimo il mero ricorso all’avvocatura civica di un Ente locale da parte di altro Ente, mentre occorrerebbe la creazione di una struttura nuova e comune (un ufficio unitario di avvocatura), con specifica delega di funzioni da parte degli Enti partecipanti all’accordo.

Tali rilievi sono stati formulati in termini assolutamente generici e non sono suffragati da riscontri oggettivi. Peraltro, secondo quanto chiarito dalla difesa erariale, e non contestato dal ricorrente, risulta che gli Enti locali coinvolti, mediante apposita convenzione, hanno istituito un apposito Ufficio unico di Avvocatura Civica Metropolitana al fine di gestire in forma associata e coordinata le funzioni connesse allo svolgimento delle attività proprie di uffici legali di Enti pubblici, mediante impiego di personale appartenente a tutti gli Enti coinvolti.

Anche sotto profilo, pertanto, non vi sono ragioni per dubitare del regolare conferimento del mandato da parte del Comune di Portogruaro agli avvocati del suddetto Ufficio unico di Avvocatura Civica.

In ultimo, giova precisare che le difese contenute negli scritti depositati dall’Amministrazione, con il patrocinio dei nuovi difensori, richiamano le tesi difensive già svolte per mezzo del precedente difensore.

14. Svolte tali premesse, è possibile passare ad esaminare il ricorso nel merito.

Lo stesso è infondato.

Per tale ragione, dunque, è possibile prescindere dall’esame delle eccezione preliminari di rito sollevate dall’Amministrazione resistente, in applicazione del principio di economia dei mezzi processuali che, secondo consolidata giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 5/2015; Sez. IV, n. 3225/2017 e n. 3225/2017) e di legittimità (Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 26242/2014 e n. 26243/2014), consente di derogare all’ordine delle questioni da esaminare previsto dall’art. 276 c.p.c. privilegiando lo scrutinio della ragione “più liquida” sulla scorta, peraltro, del paradigma sancito dagli artt. 49, comma 2, e 74 del c.p.a..

15. Con riferimento al primo motivo di entrambi i ricorsi, giova innanzi tutto precisare che il sindacato di questo giudice non ha ad oggetto la quantificazione dell’indennità di esproprio, questione che, come noto, rientra nella giurisdizione ordinaria, secondo quanto previsto dall’art. 53, comma 2 del d.P.R. n. 327/2001 e dall’art. 133, comma 1, lett. g) c.p.a..

Infatti, il Consiglio di Stato con la sentenza n. 6601/2018, nell’affermare la giurisdizione amministrativa sull’odierna controversia, rinviando i ricorsi al T.A.R., ha precisato che con la censura svolta dal ricorrente “si contesta la legittimità degli atti del procedimento seguito per addivenire alla stima dell’indennità di espropriazione: la questione giuridica controversa, infatti, non riguarda - in sé - la quantificazione della somma dovuta, bensì la (asserita) violazione delle norme sulla regolarità finanziaria per l’adozione degli atti di accertamento e di liquidazione delle somme di denaro (si adduce, infatti, la mancata indicazione del valore venale del bene, quale cd. punto base per potere effettuare il relativo computo)”.

La doglianza, pertanto, viene esaminata con riferimento a tale specifico profilo, dovendosi verificare l’eventuale illegittimità dei provvedimenti impugnati derivante dall’asserita violazione delle norme relative alla copertura finanziaria degli atti comportanti impegno di spesa e alla relativa regolarità contabile.

15.1 Tutto ciò premesso, la censura in esame è infondata.

A tal riguardo, infatti, si deve innanzi tutto evidenziare che la previsione dell’indennità di esproprio nelle delibere con le quali viene dichiarata la pubblicautilità dell’opera e disposta l’occupazione di urgenza non costituisce elemento essenziale dei provvedimenti medesimi, la cui assenza possa inficiarne la legittimità.

Occorre infatti ricordare che, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, “la legittimità dei provvedimenti espropriativi (e di occupazione d'urgenza) non è giammai inficiata dalla inesatta o inesistente liquidazione della giusta indennità, essendo l'emanazione dei predetti atti ablatori completamente sganciata da quest'ultima (C.d.S., sez. IV, 4.12.1998, n. 1599; 19/1/2000, n. 248, 25.3.03, n. 1545)” (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. IV, 02.10.2006, n.5774).

Pertanto, anche l’inserimento dell’impegno contabile di spesa relativo all’indennità di espropriazione, regolarmente registrato sul bilancio, con la connessa attestazione di copertura finanziaria, è elemento solo eventuale del provvedimento espropriativo, la cui assenza o inesattezza non può incidere sugli effetti sostanziali e strettamente giuridici di esso, i quali conservano quindi la propria autonomia ed efficacia.

Quindi, anche a voler ipotizzare, per astratta ipotesi, che nelle delibere impugnate con gli odierni ricorsi vi sia stata solo una parziale quantificazione dell’indennità di espropriazione, ciò non potrebbe in alcun modo comportare l’illegittimità dei provvedimenti, né incidere sugli effetti sostanziali di essi nell’ambito della procedura espropriativa, con particolare riferimento, per quanto qui interessa, alla dichiarazione di pubblica utilità e all’occupazione di urgenza.

15.2 A quanto sopra si aggiunga che la norma di cui all’art. 55 della L. n. 142/1990, la cui violazione è stata censurata dal ricorrente, riguarda la regolarità contabile degli atti ed è essenzialmente volta ad assicurare il rispetto dei principi di corretta gestione contabile e finanziaria dell’Ente e a garantire, in particolare, la copertura dei debiti, mediante la loro preventiva iscrizione a bilancio, in un’ottica di controllo e contenimento della spesa pubblica.

Segnatamente, l’art. 55, comma 5 della L. n. 142 del 1990 nella sua versione originaria prevedeva che “Gli impegni di spesa non possono essere assunti senza attestazione della relativa copertura finanziaria da parte del responsabile del servizio finanziario. Senza tale attestazione l'atto è nullo di diritto”.

La medesima norma, nella versione modificata dall'articolo 6, comma 11, della L. n. 127/1997- applicabile ratione temporis al caso di specie - ha previsto che “I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria”.

Ora, stante la sopra evidenziata autonomia degli atti ablatori rispetto alla previsione e quantificazione dell’indennità di espropriazione, la norma appena richiamata può incidere, al massimo, da un punto di vista strettamente contabile, sulla regolare previsione e sulla successiva effettuazione, da parte dell’Amministrazione, della spesa connessa all’indennità, mentre non può influire sulla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e sull’occupazione di urgenza, ovvero sulla procedura espropriativa nel suo complesso.

In ogni caso – fermo restando che in questa sede non è possibile accertare la misura dell’indennità eventualmente spettante al ricorrente, stante la devoluzione di tali questioni alla giurisdizione ordinaria, ai sensi degli artt. 53, comma 2 del d.P.R. n. 327/2001 e 133, comma 1, lett. g) c.p.a. -occorre dare atto che i provvedimenti impugnati, laddove hanno espressamente previsto l’indennità di esproprio a favore del proprietario dei beni, hanno anche previsto, in misura corrispondente, la relativa copertura finanziaria, proprio come richiesto dalla norma citata.

Non è quindi configurabile alcuna violazione della norma invocata e i provvedimenti sono pertanto legittimi, anche sotto il profilo della regolarità contabile.

15.3 Alla luce delle precedenti considerazioni, pertanto, il primo motivo di entrambi i ricorsi deve essere respinto.

16. E’ infondato anche il secondo motivo di censura, comune ad entrambi i ricorsi, con il quale il ricorrente lamenta l’illegittimità delle delibere impugnate, adducendo che le stesse sarebbero state adottate a posteriori, e cioè a sanatoria di un’occupazione de facto precedentemente iniziata.

Ed infatti, il ricorrente non ha fornito sul punto alcuna prova oggettiva, ma si è limitato a mere affermazioni. Dalla documentazione versata in atti dalle parti risulta soltanto che l’occupazione delle specifiche particelle di proprietà del ricorrente è stata attuata dopo l’avvio della procedura espropriativa, in seguito all’adozione delle delibere n. 88/1998 e n. 313/1999 e sulla base di apposite perizie di variante redatte dal direttore dei lavori, nelle quali si dava espressamente conto delle sopravvenute esigenze e della conseguente necessità di intervenire anche sui beni di proprietà del ricorrente.

Al contrario, il ricorrente non ha dimostrato che il Comune ha occupato i beni di sua proprietà (particelle 323 e 324) sine titulo, prima dell’avvio del procedimento espropriativo e dell’adozione delle suddette delibere.

Per tali ragioni anche il secondo motivo di ricorso deve essere respinto.

17. Infine, l’eventuale mancata adozione del decreto di esproprio da parte del Comune non può assumere rilevanza nell’ambito della presente controversia, dal momento che tale circostanza non è stata ritualmente rappresentata in giudizio, attraverso la proposizione di uno specifico motivo di censura nelle forme prescritte dalla legge, ma se ne è soltanto fatto cenno nelle memorie conclusive del ricorrente, senza fornire, peraltro, alcun riscontro probatorio.

18. In conclusione, entrambi i ricorsi devono essere rigettati, in quanto infondati nel merito.

19. Le spese di entrambi i giudizi seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, dispostane previamente la riunione ex art. 70 c.p.a., li rigetta.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite a favore del Comune di Portogruaro, liquidandole, per entrambi i giudizi, in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2019 con l'intervento dei magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente

Giovanni Giuseppe Antonio Dato, Referendario

Silvia De Felice, Referendario, Estensore

 

 
 

 

 
 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Silvia De Felice

 

Maurizio Nicolosi

 

 
 

 

 
 

 

 
 

 

 
 

 

 
 

IL SEGRETARIO

 

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