Giurisdizione art. 42-bis TUE indennità: GO
Tribunale Amministrativo Regionale della Campaniasezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), sentenza del 26 settembre 2021, n. 515, sul risarcimento per il titolo di occupazione senza titolo ai sensi dell’art. 42 – bis T.U. espropri.
MASSIMA:
In materia di occupazione illegittima di un fonde deve ritenersi devoluta alla giurisdizione del Giudice Ordinario non solo ogni controversia relativa alla determinazione e corresponsione dell'indennizzo previsto in relazione alla fattispecie di "acquisizione sanante" ex art. 42-bis, D.P.R. n. 327/2001, ma anche la controversia avente ad oggetto l'interesse del cinque per cento del valore venale del bene, dovuto per il periodo di occupazione senza titolo, ai sensi del comma 3, ultima parte, di detto articolo, a titolo di risarcimento del danno, giacché esso costituisce solo una voce del complessivo "indennizzo per il pregiudizio patrimoniale" di cui al precedente comma 1, secondo un'interpretazione imposta dalla necessità di salvaguardare il principio costituzionale di concentrazione della tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti ablatori; dette controversie sono devolute alla competenza, in unico grado, della Corte di appello.
SENTENZA:
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1686 del 2015, proposto da:
P.R. ed altri in qualità di amministratore di sostegno della Sig. E.R., rappresentati e difesi dall'avvocato Silvano Tozzi, con domicilio eletto presso lo studio Silvano Tozzi Avv. in Salerno, via Dogana Vecchia,40 c/o Visone;
contro
Comune di Lacedonia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Amedeo Pisanti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, nominato in sostituzione del precedente difensore Anna Maria Zichella, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, c/o Segreteria Tar;
per la condanna del Comune di Lacedonia alla restituzione del suolo, al pagamento del valore venale del medesimo e delle indennità spettanti nonchè per il risarcimento dei danni conseguenti all'esecuzione dei lavori per le opere stradali;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Lacedonia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2021, tenutasi tramite collegamento da remoto mediante Teams, ai sensi dell'art. 25 D.L. n. 137 del 2020, la dott.ssa Gaetana Marena, come da verbale;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
I ricorrenti sono proprietari di un fabbricato sito nel Comune di L., nel quale viene svolta attività agricola. Con delibera del Consiglio Comunale n. 86 del 30.06.1979 è approvato il progetto dei lavori e con decreto sindacale n. 890 del 28.02.1980, è autorizzata l'occupazione d'urgenza, per la realizzazione di una strada urbana, cui segue immissione nel possesso, con redazione dello stato di consistenza, in data 2.04.1980. Al decreto di occupazione ed alla successiva trasformazione dei suoli nell'opera progettata non seguono l'offerta di pagamento delle indennità e l'adozione del decreto di esproprio. Nel 2002 il Comune di L. intraprende lavori di sistemazione ed ampliamento della strada, occupando di fatto un'ulteriore porzione di terreno di proprietà dei ricorrenti (identificata nella particella (...) del foglio (...) e nelle particelle (...), (...) e (...) del foglio (...)), antistante la strada edificata. Anche per questa parte di area occupata, non seguono decreto ablatorio ed offerta di indennità. I lavori di adeguamento della strada sono poi effettuati senza prevedere opere idrauliche di convogliamento delle acque meteoriche e senza realizzare opere di sostegno e protezione della strada, creando significativi disagi e pregiudizi ai ricorrenti. Con nota del 24.06.2009, il Comune comunica di aver eseguito i lavori di sistemazione. Con ricorso, notificato il 10.07.2015 e depositato il 24.07.2015, i proprietari epigrafati agiscono al fine di ottenere la condanna del Comune resistente alla restituzione del suolo, al pagamento del valore venale del medesimo e delle indennità spettanti nonché alla liquidazione delle somme dovute a titolo di risarcimento per i danni ingiustamente sofferti.
In data 22.09.2015 si costituisce in giudizio il Comune di Lacedonia, depositando documentazione e successiva memoria, nella quale eccepisce il difetto di giurisdizione nonché la prescrizione quinquennale delle richieste risarcitorie.
Nell'udienza pubblica del 24 febbraio 2021, tenutasi tramite collegamento da remoto, mediante Teams, la causa è trattenuta per la decisione.
Il Collegio scrutina le questioni di rito.
Nella memoria di replica del 12.02.2021, il Comune di Lacedonia eccepisce il difetto di giurisdizione sulla domanda risarcitoria nonché la prescrizione della domanda risarcitoria.
E' d'obbligo una premessa ricostruttiva.
Com'è noto, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. g, cod. proc. amm. che, infatti, è devoluta al giudice amministrativo la giurisdizione per "le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità", ferma restando "la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa". La giurisprudenza è granitica nel ritenere che, in materia di espropriazione per pubblica utilità, ad eccezione dei casi in cui l'amministrazione espropriante abbia agito nell'assoluto difetto di una potestà ablativa (ipotesi attribuite alla giurisdizione ordinaria), sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie nelle quali si faccia questione, anche a fini risarcitori, di un'attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguente ad una dichiarazione di pubblica utilità, anche se il procedimento all'interno del quale tale attività è stata posta in essere non sia sfociato in un tempestivo e formale atto traslativo della proprietà (in tal senso, questo T.A.R., sez. III ter, n. 637/2017).
Deve, per contro, ritenersi devoluta alla giurisdizione del Giudice Ordinario non solo ogni controversia relativa alla determinazione e corresponsione dell'indennizzo previsto in relazione alla fattispecie di "acquisizione sanante" ex art. 42-bis, D.P.R. n. 327 del 2001, ma anche la controversia avente ad oggetto l'interesse del cinque per cento del valore venale del bene, dovuto per il periodo di occupazione senza titolo, ai sensi del comma 3, ultima parte, di detto articolo, a titolo di risarcimento del danno, giacché esso costituisce solo una voce del complessivo "indennizzo per il pregiudizio patrimoniale" di cui al precedente comma 1, secondo un'interpretazione imposta dalla necessità di salvaguardare il principio costituzionale di concentrazione della tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti ablatori; dette controversie sono devolute alla competenza, in unico grado, della Corte di appello. T.A.R. Firenze, (Toscana) sez. I, 27/07/2020, n.975).
Nel merito, il ricorso è accolto.
Il Collegio, sulla base della disamina della documentazione versata in atti, ravvisa la condotta antigiuridica del Comune, sulla base delle seguenti considerazioni giuridiche.
Com'è noto, l'occupazione e trasformazione di un bene immobile per scopi di interesse pubblico in presenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità e di un legittimo decreto di occupazione d'urgenza ma senza tuttavia adottare il provvedimento definitivo di esproprio non possono giammai determinare un effetto traslativo della proprietà bensì devono essere qualificate come occupazione sine titulo e dunque illecito di carattere permanente, sicchè è fatto obbligo primario all'Amministrazione di risarcire integralmente il relativo danno mediante restituzione del fondo illegittimamente detenuto senza previa riduzione in pristino (art. 2058 c.c.), o in alternativa, per equivalente, atteso che solo un formale atto di acquisizione del fondo, riconducibile ad un negozio giuridico ovvero al provvedimento ex art. 42 bis, D.P.R. n. 327 del 2001 (introdotto a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 43 dello stesso decreto), potrà, infatti, precludere la restituzione del bene. L'irreversibile trasformazione del suolo per effetto della realizzazione di un'opera pubblica, infatti, non può determinare il trasferimento della proprietà del bene dalla sfera giuridica dei proprietari a quella della P.A. che se ne è illecitamente impossessata, in quanto quest'ultimo (comunque sia ricostruito in diritto: rinuncia abdicativa implicita nella domanda solo risarcitoria, ovvero accessione invertita) è vietato dal Primo Protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (TAR Salerno, Sez. II, 12.11.2020, n.1640). Neppure la realizzazione dell'opera pubblica rappresenta un impedimento alla possibilità di restituire l'area illegittimamente appresa, e ciò indipendentemente dalle modalità - occupazione acquisitiva od usurpativa - di acquisizione (cfr. C. Cost. 4 ottobre 2010 n. 293; Cons. Stato, Sez. V, 2 novembre 2011 n. 5844).
Ciò posto, stante l'assenza di un titolo valido ed efficace, idoneo al trasferimento della proprietà (decreto di esproprio, contratto o provvedimento di acquisizione sanante ai sensi dell'art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001), deve essere affermata la permanenza della situazione di illiceità in cui versa l'Amministrazione per l'attuale incontestata occupazione del terreno in questione (T.A.R. Roma, sez. III, 06/04/2020, n.3803). Né può affermarsi che la richiesta risarcitoria equivalga ad implicita rinuncia abdicativa. Nessuna disposizione normativa, infatti, attribuisce al soggetto espropriato, pur a fronte dell'illegittimità del titolo espropriativo, un diritto, sostanzialmente potestativo, di determinare l'attribuzione del diritto dominicale, in favore dell'Amministrazione espropriante, per effetto della sola corresponsione del risarcimento del danno. L'art. 42-bis ascrive l'effetto acquisitivo de quo ad un provvedimento amministrativo di tipo discrezionale. Da ciò discende che nessun altro atto (come la liquidazione risarcitoria) possa dispiegare l'effetto giuridico di una rinuncia abdicativa (Plenaria 2/2020).
Ergo, per tutto quanto premesso, persistendo, in capo ai ricorrenti, il diritto di proprietà sul fondo controverso e perdurando la illegittima occupazione dello stesso mediante le opere ivi realizzate, va, dunque, riconosciuto, a carico del Comune di Lacedonia, l'obbligo di restituzione del suolo alla parte ricorrente in epigrafe. Resta, in ogni caso, salva la facoltà, in favore del Comune de quo, di avvalersi dell'art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001 e, per l'effetto, nell'ottica di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto e di far venir meno la situazione di occupazione sine titulo dei cespiti immobiliari de quibus, di adottare un provvedimento di acquisizione sanante, nel rispetto delle prescrizioni stabilite dalla norma (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 4696/2014; n. 4014/2015; TAR Campania, Napoli, sez. V, n. 3628/2015).
Segue pertanto la condanna dell'amministrazione a procedere ai sensi dell'art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2000, con delibera dell'organo consiliare, rinnovando la valutazione di attualità e prevalenza dell'interesse pubblico all'eventuale acquisizione del fondo per cui è causa ed adottando, all'esito di essa ed entro il termine di 90 giorni dalla notificazione della presente sentenza, un provvedimento col quale lo stesso, in tutto od in parte, sia alternativamente:
a) acquisito non retroattivamente al suo patrimonio indisponibile;
a) restituito in tutto od in parte al legittimo proprietario entro novanta giorni, previo ripristino dello stato di fatto esistente al momento dell'apprensione.
Nel primo caso, il provvedimento di acquisizione:
- dovrà specificare se ad interessare è l'intero compendio occupato, o solo parte di esso, disponendo la restituzione del fondo rimanente entro novanta giorni, previo ripristino dello stato di fatto esistente al momento dell'apprensione;
- dovrà prevedere che, entro il termine di trenta giorni, sia corrisposto al proprietario il valore venale del bene, nonché un indennizzo per il pregiudizio non patrimoniale, forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del medesimo valore venale, detratte le somme eventualmente già erogate, maggiorate dell'interesse legale;
- dovrà recare l'indicazione delle circostanze che hanno condotto all'indebita utilizzazione dell'area e la data dalla quale essa ha avuto inizio e dovrà specificamente motivare sulle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l'emanazione, valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati ed evidenziando l'assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione;
- dovrà essere notificato ai proprietari e comporterà il passaggio del diritto di proprietà, sotto la condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute, ovvero del loro deposito, effettuato ai sensi dell'art. 20, comma 14, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327;
- sarà soggetto a trascrizione presso la Conservatoria dei registri immobiliari a cura dell'amministrazione procedente e sarà trasmesso in copia all'ufficio istituito ai sensi dell'art. 14, comma 2, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, nonché comunicato, entro trenta giorni, alla Corte dei conti, mediante trasmissione di copia integrale.
Sia nell'ipotesi a) che nell'ipotesi b), il provvedimento da emanarsi dovrà contenere la liquidazione, in favore delle ricorrenti ed a titolo risarcitorio, di una somma in denaro pari all'applicazione del saggio di interesse del cinque per cento annuo sul valore venale dell'intero bene occupato per tutto il periodo di occupazione senza titolo, che decorre dalla scadenza del termine finale per l'espropriazione.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania- Sezione Staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Lacedonia al pagamento delle spese di lite, che si liquidano nella somma di Euro 1.500,00, oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.