Art. 90 d.lgs. 259/2003 esproprio extrema ratio
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Seconda Quater), sentenza n. 1218 del 2 febbraio 2022, art. 90 del d.lgs. n. 259 del 2003
MASSIMA
Ai sensi dell’art. 90 del d.lgs. n. 259 del 2003 l’esproprio è l’extrema ratio.
SENTENZA
N. 01218/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00298/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 298 del 2019, proposto da
Vodafone Italia Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Vitone, Veronica Vitagliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Poggio Mirteto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Marco Morelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Vitelleschi;
nei confronti
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Afeltra, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
OMISSIS, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
della determina del Comune di Poggio Mirteto prot. n. 15817 del 30/10/2018, recante un diniego sulla “Istanza del 14/07/2017. Richiesta di dichiarazione di pubblica utilità e contestuale apposizione del vincolo preordinato all'esproprio – Stazione Radio Base Vodafone Italia S.p.A. – codice sito 3OF04197 Poggio Mirteto – Determinazioni”;
di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Poggio Mirteto e di Giuseppe Paolini;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2022 il dott. Marco Bignami e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con ricorso ritualmente notificato il 2 gennaio 2019 e depositato il successivo 9 gennaio la ricorrente ha impugnato la nota n. 15817 del 2018 del Comune di Poggio Mirteto, con la quale è stata rigettata l’istanza volta all’avvio del procedimento di esproprio di un’area privata, al fine di conservarvi l’impianto di telefonia che già vi è presente.
L’istanza è stata presentata ai sensi dell’art. 90 del d.lgs. n. 259 del 2003, nel testo vigente ratione temporis, secondo il quale “per l'acquisizione patrimoniale dei beni immobili necessari alla realizzazione degli impianti e delle opere di cui ai commi 1 e 2, puo' esperirsi la procedura di esproprio prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327. Tale procedura puo' essere esperita dopo che siano andati falliti, o non sia stato possibile effettuare, i tentativi di bonario componimento con i proprietari dei fondi sul prezzo di vendita offerto, da valutarsi da parte degli uffici tecnici erariali competenti”.
La ricorrente, già titolare di un impianto su fondo acquisito per mezzo di contratto di locazione nel 2006, ha rappresentato di non avere raggiunto un accordo con i proprietari del fondo al fine di rinnovare la locazione, per la quale ha, anzi, ricevuto disdetta.
Sulla base di tale presupposto, Il Comune è stato sollecitato ad avvalersi del potere di esproprio dell’area.
Con l’atto impugnato, preceduto da tentativi di composizione bonaria della vicenda ai quali la ricorrente ha partecipato, l’amministrazione ha opposto un diniego all’istanza, osservando che “sono presenti aree di proprietà pubblica che possono essere destinate a tale finalità (ndr: l’installazione dell’impianto)” ai sensi dei regolamenti comunali n. 36 del 2002 e n. 24 del 2017 in punto di localizzazione di tali infrastrutture.
In particolare, l’art. 4 del regolamento del 2017 esprime una preferenza per la localizzazione su aree di proprietà pubblica, “in via prioritaria, ma non esclusiva”, consentendo perciò l’installazione altrove, ove necessario. Con ciò è stata confermata analoga previsione recata dal regolamento del 2002, al quale è anche allegata la cartografia dei siti disponibili.
In definitiva, il Comune ha reputato di non procedere all’esproprio, stante la disponibilità di localizzazioni alternative, ed è questa la decisione impugnata dalla ricorrente.
Il ricorso è infondato, come già rilevato in sede cautelare, ciò che permette di assorbire per ragioni di economia processuale l’eccezione di inammissibilità formulata dal Comune per omessa impugnativa dei regolamenti sopra richiamati.
Parimenti, non è necessario prendere posizione né sulla questione attinente all’applicabilità dell’art. 90 del d.lgs. n. 259 del 2003 ai fini della ricollocazione di impianti già esistenti (da ultimo negata da Tar Toscana, n. 112 del 2021), né sul carattere doveroso, o meramente discrezionale, dell’avvio, da parte del Comune, del procedimento di esproprio, nel caso in cui non fossero disponibili altri siti per ospitare gli impianti.
È infatti risolutivo osservare che, nel caso di specie, l’atto impugnato ha invece dato conto di tale disponibilità, e che essa trova conferma, sulla base delle deduzioni della difesa comunale, nella cartografia allegata al regolamento del 2002.
Ne segue che l’impiego della extrema ratio costituita dall’esproprio di aree private non si rende, nel caso di specie, necessario.
È perciò infondato il primo motivo di ricorso, con cui è dedotta la violazione dell’art. 90 del d.lgs. n. 259 del 2003, nonché degli artt. 4 e 6 del regolamento del 2017 e dell’art. 4 del regolamento del 2002.
Non rileva, in senso contrario, che non risulti ancora approvato il piano di riassetto al quale il regolamento del 2017 rinvia, sicché la cartografia dei siti pubblici destinati ad accogliere gli impianti non risulta modificata, giacché, nelle more, continua a trovare applicazione la cartografia allegata al regolamento del 2002, sulla quale parte ricorrente non svolge alcuna deduzione.
Viene meno, perciò, il presupposto stesso sulla quale si basa il ricorso, anche per il profilo ulteriormente dedotto del difetto di motivazione e dell’eccesso di potere, ovvero che l’esproprio si rendesse la sola via percorribile per garantire la funzionalità dell’impianto esistente, posto, che, viceversa, quest’ultimo ben può essere ricollocato.
Sul piano della motivazione, l’atto impugnato è chiaro ed esaustivo nell’individuare la propria ragione giustificatrice nella attuale disponibilità di siti alternativi, ciò che è sufficiente per assolvere al dovere posto dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990.
Non ha importanza, naturalmente, che la localizzazione su aree pubbliche degli impianti non sia “vincolante” sulla base del regolamento comunale, come invece lamenta la ricorrente, perché ciò che conta, viceversa, è che essa sia comunque disponibile nel caso di specie, e si offra, perciò, quale alternativa alla ben più gravosa procedura di esproprio, anche in un’ottica di contemperamento con gli interessi dei privati proprietari del fondo.
Non sussiste, pertanto, alcuna “contraddittorietà” nella condotta del Comune, che ha autorizzato l’installazione nel 2006, in quanto conforme al regolamento, e oggi rifiuta di espropriare l’area: ad essere mutata è una decisiva circostanza di fatto, ovvero che nel 2006 la ricorrente aveva conseguito la disponibilità del sito privato, mediante contratto di locazione.
Infine, la ricorrente, benché deduca un vizio di carenza di istruttoria quanto alla effettiva disponibilità di aree pubbliche, non offre alcun elemento per contestare la conclusione del Comune: ciò dipende dal fatto che, erroneamente, parte ricorrente non ha tenuto in considerazione la cartografia del 2002, limitandosi a stigmatizzare la mancata approvazione del piano di riassetto, recante una nuova cartografia.
Tale ultima osservazione dà conto dell’infondatezza del secondo motivo di ricorso, con il quale è stata denunciata la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 a causa dell’omesso invio del preavviso di rigetto.
Proprio a causa della mancata presa in considerazione della cartografia del 2002, la ricorrente non allega infatti elementi utili, e tali da poter incidere sul contenuto dell’atto impugnato, il cui perno è appunto costituito dalla disponibilità di aree pubbliche ove collocare l’impianto. Ne segue che la violazione dell’art. 10 bis non inficia la legittimità dell’atto impugnato (ex plurimis, CDS n. 2809 del 2021).
Il ricorso va perciò rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in euro 3000,00, oltre accessori di legge, a favore del Comune e in euro 2000,00, oltre accessori di legge, a favore di parte controinteressata costituita in giudizio con breve memoria.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere le spese, che liquida in euro 3000,00, oltre accessori di legge, a favore del Comune, e in euro 2000,00, oltre accessori di legge, a favore dei controinteressati.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 gennaio 2022 con l'intervento dei magistrati:
Donatella Scala, Presidente
Marco Bignami, Consigliere, Estensore
Roberta Mazzulla, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Marco Bignami
Donatella Scala
IL SEGRETARIO