Riscontro istanza 42-bis TUE
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Seconda), sentenza n. 3430 del 28 marzo 2022, sul silenzio inadempimento su istanza 42-bis TUE
MASSIMA
L’amministrazione pubblica deve riscontrare una istanza di un privato di adozione di un provvedimento ex art. 42-bis TUE con un atto, di accoglimento o di rigetto, ma deve riscontrare.
SENTENZA
N. 03430/2022 REG.PROV.COLL.
N. 12752/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12752 del 2021, proposto da T.S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Castiello, Vincenzo De Vincenti, Giuseppe Tiripicchio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco Castiello in Roma, via G. Cerbara n. 64;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Domenico Rossi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
T.S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Mario Occhipinti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'accertamento
dell'illegittimità del silenzio inadempimento formatosi sull'istanza di conclusione del procedimento presentata dalla T.s.r.l. al Comune di Roma Capitale in data 19.03.2021 e reiterata in data 16.4.2021 e per la condanna del Comune di Roma Capitale alla conclusione del procedimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di Tecnopolo S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2022 il dott. Luca Iera e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La T. s.r.l. espone di essere proprietaria di alcuni cespiti insistenti sul Foglio di mappa n. 295 del Comune di Roma Capitale i quali, a fare data dal 19 luglio 2000, a seguito della Deliberazione della Giunta Comunale del Comune di Roma n. 315 del 4 aprile 2000, sono stati in parte occupati d’urgenza in attesa della definizione del procedimento espropriativo, in parte asserviti e in parte occupati “temporaneamente” dal Comune nell’ambito di lavori disposti per la realizzazione, ai sensi dell’art. 2 Legge n. 179/92, del “Collettore acque di pioggia e tronchi fognari di collegamento” nella località Case Rosse. La procedura espropriativa avrebbe dovuto concludersi, per come indicato nell’anzidetta delibera di Giunta comunale, entro 60 mesi, ossia nell’anno 2005. Tuttavia, a distanza di oltre quindici anni le aree di proprietà della ricorrente risultano tuttora occupate dal Comune di Roma Capitale.
Oltre alle aree oggetto di occupazione temporanea, la società espone che, durante i lavori inerenti il predetto Collettore acque di pioggia e tronchi fognari, è stata ulteriormente occupata dal Comune una maggiore area, non prevista nel verbale di consistenza e immissione in possesso del 19 luglio 2000, che ha interessato sempre cespiti ricadenti nel Foglio di mappa 295 per una estensione totale di circa m² 23.000. Tale occupazione sarebbe quindi di natura usurpativa siccome avvenuta ab origine sine titulo.
La società con istanza del 19.03.2021 ha richiesto, senza esito, la definizione del procedimento e la riconsegna di tutte le aree occupate dal Comune (sia quelle originariamente individuate quali aree da occupare temporaneamente sia quelle occupate in assenza di un valido titolo ab origine), previa remissione in pristino dei luoghi attese alcune criticità riscontrate a seguito dei lavori eseguiti (cfr. verbale redatto in contraddittorio in data 12 novembre 2015).
Con il ricorso proposto ai sensi dell’art. 117 c.p.a. la società chiede “l’accertamento dell’illegittimità dell’inerzia mantenuta dal Comune di Roma Capitale e la condanna del Comune medesimo …. a concludere il procedimento, come richiesto con l’istanza in data 19.03.2021 (reiterata in data 19.04.2021) … con l’espressa richiesta di nominare sin da ora un Commissario ad acta per l’ipotesi di perdurante inerzia”.
La difesa del Comune nel costituirsi in giudizio afferma da un lato che è nelle intenzioni dell’amministrazione restituire i “beni immobili occupati per la realizzazione di opere pubbliche” e dall’altro lato chiede di “prendere atto che l’amministrazione sta procedendo a dare risposta alle istanze rivolte dalla controparte con il ricorso sul silenzio oggetto del presente giudizio”.
Con memoria del 4.1.2022 la T. S.p.a. eccepisce la carenza di legittimazione passiva sebbene indicato come soggetto controinteressato nel ricorso.
All’udienza del 23 marzo 2022, dopo la discussione di rito, la causa è stata trattenuta in decisione.
In via preliminare, va esaminata e accolta l’eccezione di carenza di legittimazione passiva della T.o S.p.a. - peraltro non contestata dalle controparti - in quanto, benchè evocata in giudizio, la stessa non assume pacificamente la qualità di controinteressato formale e sostanziale nel giudizio instaurato dalla ricorrente.
La T. S.p.a. deve, dunque, essere estromessa dal presente giudizio.
Il ricorso è fondato.
È pacifico tra le parti che il procedimento espropriativo non si sia concluso, occupandosi così sine titulo i terreni della ricorrente da parte del Comune, e che nemmeno siano state corrisposte le indennità previste per legge a seguito dell’occupazione del suolo privato.
Il Collegio non ritiene che la documentazione prodotta dal Comune, con cui si comunica che si provvederà alla restituzione dell’area, sia idonea a far venire meno l’obbligo di conclusione del procedimento espropriativo. Trattasi infatti di una nota interlocutoria priva di carattere provvedimentale.
Fermo quanto sopra, la fattispecie va inquadrata nell’ambito dell’art. 42-bis, comma 1, d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, si sensi del quale “valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest'ultimo forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene”.
L’art. 42-bis cit. “configura un procedimento di ablatorio sui generis, caratterizzato da una precisa base legale, semplificato nella struttura (uno actu perficitur), complesso negli effetti (che si producono sempre e comunque ex nunc) il cui scopo non è (e non può essere) quello di sanatoria di un precedente illecito perpetrato dall'Amministrazione (perché altrimenti integrerebbe una espropriazione indiretta per ciò solo vietata), bensì quello autonomo, rispetto alle ragioni che hanno ispirato la pregressa occupazione contra ius, consistente nella soddisfazione di imperiose esigenze pubbliche, redimibili esclusivamente attraverso il mantenimento e la gestione di qualsiasi opera dell'infrastruttura realizzata sine titulo” e che, in quanto tale, “costituisce una delle possibili cause legali di estinzione di un fatto illecito” (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 9 febbraio 2016, n. 2, nonché 18 febbraio 2020, n. 5).
L’art. 42-bis cit. prevede tuttavia il potere dell’amministrazione, che “utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico” in assenza di un valido ed efficace titolo che a tanto lo abiliti, di valutare sine die “se emanare un atto tipico sull’adeguamento della situazione di fatto a quella di diritto” (cfr. Adunanza Plenaria n. 2/2016 cit.).
Proprio al fine di tutelare il privato nei confronti dell’esercizio sine die dell’eccezionale potere ablatorio previsto dall’art. 42-bis del d.p.r. n. 327-2001, l’ordinamento mette a disposizione del proprietario adeguati strumenti processuali per reagire contro l’inerzia dell’amministrazione, tra cui l’azione esercitabile davanti al giudice amministrativo avverso il silenzio che “assume una natura giuridica mista, tendendo ad ottenere sia l’accertamento dell'obbligo di definire il procedimento nel termine prescritto dalla disciplina legislativa o regolamentare ai sensi dell'art. 2 Legge n. 241 del 1990, sia la condanna della stessa Amministrazione inadempiente all'adozione di un provvedimento esplicito (con possibilità, altresì, di formulare in sede giurisdizionale un giudizio di spettanza del bene della vita agognato dal ricorrente, qualora si controverta in tema di azione vincolata ed emerga la fondatezza sostanziale della pretesa azionata in giudizio)” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 28 aprile 2021, n. 3430; oltre che Corte costituzionale 30 marzo 2015, n. 71 e i precedenti in termini della Sezione, tra cui la sentenza 18 maggio 2221, n. 5844).
Nella specie ricorrono i presupposti di fatto e di diritto del c.d. “rito silenzio” (artt. 31, 34, 117 c.p.a.) per accogliere la domanda della ricorrente, accertando la sussistenza dell’obbligo di concludere il procedimento previsto dall’art. 42-bis del d.p.r. n. 327-2001 e condannando l’amministrazione inadempiente ad adottare, in relazione alle istanze di diffida, un provvedimento esplicito “ad esito libero” entro il termine di 90 (novanta) giorni secondo la seguente alternativa: o adottando il provvedimento di acquisizione sulla base degli stringenti criteri motivazionali delineati dal comma 4 dell’art. 42-bis cit. previa la corresponsione degli indennizzi stabiliti per legge oppure, in mancanza dell’acquisizione, disponendo la restituzione del bene al proprietario “previo ripristino dello stato anteriore (affrontando le spese di demolizione e di ripristino)” (cfr. Adunanza Plenaria n. 4/2020 cit.).
Si ritiene opportuno, altresì, accogliere ai sensi dell’art. 117, comma 3 c.p.a., l’istanza della ricorrente, espressamente formulata, di nomina del Commissario ad acta, per il caso di ulteriore inadempimento all’ordine del giudice, individuandolo nel titolare p.t. dell’Ufficio Territoriale del Governo di Roma, con facoltà di delega a un funzionario dello stesso Ufficio, che provvederà in via sostitutiva entro l’ulteriore termine di 60 (sessanta) giorni a seguito dell’espressa comunicazione dell'inottemperanza a cura di parte ricorrente.
Ai sensi dell’art. 26 c.p.a. e dell’art. 91 c.p.c., la soccombenza si accompagna alla condanna del pagamento delle spese di lite, le quali vengono liquidate in dispositivo tenendo conto dell’attività difensionale spiegata a tutela delle rispettive posizioni.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:
- estromette dal giudizio la T.S.p.a.;
- accoglie il ricorso e, per l’effetto, ordina all’amministrazione resistente di provvedere in relazione alle istanze del 19.03.2021 e del 19.04.2021 presentate dalla ricorrente, concludendo il procedimento secondo i modi ed entro il termine di cui in motivazione;
- per il caso di ulteriore inerzia dell’amministrazione, nomina quale commissario ad acta il titolare p.t. dell’Ufficio Territoriale del Governo di Roma, con facoltà di delega a un funzionario dello stesso Ufficio, affinché si insedi e provveda, su istanza di parte, nell’ulteriore termine di 60 (sessanta) giorni;
- condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di giudizio in favore di parte ricorrente che si liquidano nella somma complessiva di Euro 1.500,00, oltre Iva, Cap, spese generali e rimborso del contributo unificato versato;
- compensa le spese di lite per quel che riguarda la Tecnopolo S.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2022 con l'intervento dei magistrati:
Eleonora Monica, Presidente FF
Luca Iera, Referendario, Estensore
Igor Nobile, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Luca Iera
Eleonora Monica
IL SEGRETARIO