Sulla natura giuridica di una strada
Cass. civ., Sez. II, Ord., (data ud. 28/06/2022) 24/03/2023, n. 8526, sulla natura di una strada
MASSIMA
Una strada privata può essere ritenuta soggetta a servitù di uso pubblico solo in presenza di convenzione tra il proprietario e l'ente pubblico, ovvero nel caso in cui l'uso pubblico (per la cui configurazione non è sufficiente l'utilizzazione di fatto da parte di soggetti diversi dal proprietario per raggiungere i terreni limitrofi, ma è necessario che essa sia al servizio della generalità dei cittadini e che la collettività ne faccia autonomamente uso per la circolazione) si sia protratto per il tempo necessario ai fini dell'acquisto per usucapione. Una strada rientra, pertanto, nella categoria delle vie vicinali pubbliche se sussistono i requisiti del passaggio esercitato "iure servitutis publicae" da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad una comunità territoriale, della concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di generale interesse, anche per il collegamento con la pubblica via, e dell'esistenza di un titolo valido a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico
ORDINANZA
sul ricorso 15702-2017 proposto da:
A.A., rappresentato e difeso dall'avvocato MICHELE DELL'AGNESE, domiciliato presso lo studio di questi in PADOVA, alla via TOMMASEO, N. 70;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI (Omissis), in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELL'OROLOGIO N. 7, presso lo studio dell'avvocato NICOLA MARCONE, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato PIER VETTOR GRIMANI;
- controricorrente -
nonchè contro
B.B.;
- intimato -
avverso la sentenza n. 2885/2016 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 21.12.2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28.06.2022 dal Consigliere CRISTINA AMATO.
Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione in riassunzione, A.A. conveniva innanzi al Tribunale di Venezia il Comune di (Omissis) e B.B., al fine di accertare che il tratto di strada privata di cui egli si dichiarava proprietario non fosse gravato da alcuna servitù di uso pubblico. A sostegno della pretesa, l'attore affermava che la "(Omissis)" (viottolo di accesso a fondi agricoli) può essere suddivisa in tre porzioni diverse: la prima demaniale nel tratto nord; la seconda vicinale pubblica nel tratto sud (utilizzata da frontisti e agricoltori per raggiungere i fondi situati ad est della strada); infine, la parte terminale - per cui è causa - di proprietà privata esclusiva dell'attore. Nel 1965 il viottolo era stato inserito, in tutte le tre parti indicate, in un elenco di strade vicinali locali aggiornato con due successive delibere comunali (del 23.3.2007, n. 33, e del 24.06.2008, n. 36), entrambe impugnate dal A.A. dinanzi al T.A.R. Veneto, che aveva dichiarato carenza di giurisdizione.
1.1. Costituitosi innanzi al Tribunale di Venezia, il Comune di (Omissis) domandava in via riconvenzionale l'accertamento della natura di strada vicinale pubblica.
1.2. Con sentenza del 22.1.2015, n. 254 il Tribunale di Venezia rigettava la domanda dell'attore e dichiarava l'assoggettamento del tratto di strada a servitù di uso pubblico.
2. Avverso detta sentenza l'attore soccombente ha proposto appello innanzi alla Corte d'Appello di Venezia che, con sentenza n. 2885/2016, ha rigettato il gravame. A sostegno della decisione, la Corte di merito ha osservato che:
- con delibera consiliare il Comune di (Omissis) stabiliva di aggiornare l'elenco delle strade vicinali pubbliche (già redatto dal comune nel 1965, ma mai approvato in Consiglio Comunale), inserendovi anche il tratto di strada in contestazione;
- non riveste significato dirimente la circostanza che l'originario elenco delle strade vicinali pubbliche non sia mai stato approvato dal Consiglio Comunale con apposita delibera, posto che l'inserimento delle strade in detti elenchi riveste valore meramente dichiarativo;
- dallo stato dei luoghi descritto dall'elaborato peritale in atti emerge che sul tratto finale di strada di cui si discute è considerato sporadico il passaggio dei cittadini diversi dai frontisti; peraltro, nel 2005 l'appellante aveva posizionato un cancello che impedisce il passaggio, anche pedonale, dei cittadini (19 dei quali avevano perciò protestato presso il Comune) ad una pista ciclabile perpendicolare al tratto di strada privata;
- tuttavia, sulla base degli esiti testimoniali si può confermare l'esistenza di una servitù di uso pubblico, non implicante necessariamente il passaggio carraio.
3. Il A.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la predetta pronuncia, affidandolo a otto motivi.
Resiste con controricorso il Comune di (Omissis), mentre il B.B. è rimasto intimato.
In prossimità dell'udienza entrambe le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 20, e dell'art. 2697 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) L'elenco strade vicinale, nel quale era già stato inserito dal 1965 il tratto di strada di proprietà del ricorrente, non risulta redatto nè approvato dal Consiglio Comunale, nè depositato presso la Prefettura, nel rispetto della procedura prevista dalla L. n. 2248/1865, art. 20: pertanto, esso non è idoneo a fondare alcuna presunzione di vicinalità e di sussistenza di servitù pubblica. Il ricorrente, quindi, censura la motivazione della Corte d'Appello nella parte in cui, pur considerando non dirimente l'inserimento della strada contesa nell'elenco redatto approvato nel 1965, non ne trae la logica conseguenza giuridica di addossare al Comune di (Omissis) l'onere di dimostrare la natura asseritamente vicinale del tratto di strada.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3) e 5), c.p.c. Il ricorrente lamenta la non organica e complessiva valutazione delle prove da parte del giudice di seconde cure (relazione del tecnico comunale contraria nella procedura amministrativa sulla vicinalità, risultanze della C.T.U., prove testimoniali, verbali dei Consigli Comunali).
3. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3) e 5). Sotto il diverso profilo della carenza di motivazione su un punto decisivo della controversia, il ricorrente censura la pronuncia per il fatto che il Tribunale abbia ignorato le risultanze della C.T.U., ove si affermava chiaramente che non vi fosse uso pubblico della stradina, e la motivazione della Corte d'Appello sia carente sul punto.
4. Con il quarto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. e dell'art. 2735 c.c., in relazione all'art. 360, c. 1, nn. 3) e 5). Secondo il ricorrente la Corte d'Appello non si sarebbe espressa sul contenuto della relazione tecnica resa dall'Ufficio Tecnico Comunale di (Omissis), ove si dichiarava esplicitamente che il tratto di strada di proprietà dell'attore non poteva essere ricompreso nell'elenco delle strade vicinali pubbliche: dichiarazione che, invece, dovrebbe assumere valore di confessione stragiudiziale ai sensi dell'art. 2735 c.c..
5. Con il quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3) e 5). I, c.p.c. ll ricorrente lamenta l'omessa pronuncia del giudice di seconde cure sulle deduzioni concernenti la presenza di un cancello installato dall'odierno ricorrente a chiudere la strada privata, dietro autorizzazione dello stesso Comune rilasciata nel 2005. L'omessa pronuncia riguarderebbe anche: le tre diverse ordinanze con le quali il T.A.R. Veneto aveva annullato l'ordine di rimozione del cancello; nonchè la dichiarazione di "ritrattazione" proveniente dai 19 cittadini sull'utilizzo della strada, i quali avevano in realtà precisato di voler ottenere il ripristino di altra strada laterale, ritirando perciò la precedente "petizione".
6. Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3) e 5). Il ricorrente contesta alla Corte d'Appello di non aver riesaminato le deposizioni delle singole testimonianze, e di aver assunto come vero un fatto di cui è pacifica l'infondatezza: la strada in causa, infatti, non comunica con alcuna pista ciclabile; semmai vi è una pista di recente realizzazione nelle vicinanze, tuttavia non collegata alla strada in questione.
7. Con il settimo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 277 e dell'art. 116 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3): il ricorrente si duole del fatto che nella decisione impugnata non siano stati soddisfatti i requisiti elaborati dalla giurisprudenza per ravvisare la qualificazione di una strada come vicinale pubblica.
8. Con l'ottavo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3) e 5), c.p.c. Il ricorrente si duole dell'inversione dell'onere della prova effettuato dal giudice d'appello, posto che spettava al Comune dimostrare l'esistenza di una servitù pubblica e l'effettiva sussistenza dell'asserito transito.
9. Il primo motivo è fondato.
La corte d'appello ha, infatti, riconosciuto una servitù di uso pubblico sulla porzione di strada privata di proprietà del ricorrente senza rispettare i principi enunciati da questa Corte concernenti i requisiti per la sussistenza di una servitù di uso pubblico su strada privata. Secondo un orientamento consolidato, che questo Collegio intende confermare, una strada privata può essere ritenuta soggetta a servitù di uso pubblico solo in presenza di convenzione tra il proprietario e l'ente pubblico, ovvero nel caso in cui l'uso pubblico (per la cui configurazione non è sufficiente l'utilizzazione di fatto da parte di soggetti diversi dal proprietario per raggiungere i terreni limitrofi, ma è necessario che essa sia al servizio della generalità dei cittadini e che la collettività ne faccia autonomamente uso per la circolazione) si sia protratto per il tempo necessario ai finì dell'acquisto per usucapione (Cass. 2 civ., n. 10059/2019; Cass. n. 28632 del 2017; Cass., Sez. 2, n. 6401 del 24/03/2005; Sez. 2, n. 9077 del 16/04/2007; Sez. 2, n. 5113 del 26/05/1999).
Va, inoltre, ribadito il principio secondo cui "Una strada rientra nella categoria delle vie vicinali pubbliche se sussistono i requisiti del passaggio esercitato "iure servitutis publicae" da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad una comunità territoriale, della concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di generale interesse, anche per il collegamento con la pubblica via, e dell'esistenza di un titolo valido a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico" (Cass. Sez. 6-2, n. 7091 del 12/03/2021; Cass. Sez. 2, n. 16864 del 05/07/2013, Rv. 627088).
Nel caso di specie la CA si è discostata da tali principi perchè ha ravvisato l'uso pubblico unicamente in base allo stato dei luoghi e al fatto che alcuni cittadini vi transitavano (v. pagg. 5 e 6).
Si rende necessario nuovo esame.
I restanti motivi sono logicamente assorbiti.
La sentenza impugnata va cassata e rinviata alla stessa Corte d'Appello in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d'Appello di Venezia in diversa composizione, che liquiderà anche le spese del presente giudizio.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2022.
Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2023