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Vincolo prezzo massimo cessione alloggi ERP

Privato
Lunedì, 7 Ottobre, 2024 - 17:45

 T.A.R. Veneto Venezia, Sez. II, 15/05/2024, n. 1039, sul vincolo di prezzo massimo di cessione alloggi erp

MASSIMA

Tutte le alienazioni devono essere disciplinate dalla nuova normativa, come modificata, ma la sopravvenienza normativa di cui all'art. 20 della L. n. 179 del 1992 non può modificare il contenuto di pattuizioni economiche delle pregresse Convenzioni, in assenza di una rinegoziazione delle medesime, senza che ciò produca un inaccettabile effetto perturbativo.

L'inapplicabilità dello jus superveniens ai rapporti in corso è una diretta conseguenza del principio di irretroattività e tale efficacia, a sua volta, è diretta conseguenza del carattere innovativo (e non meramente interpretativo) della normativa sopravvenuta desunto da vari indici, tra i quali l'espressa qualificazione fornita dal legislatore, la struttura della norma e la previsione di un termine iniziale di efficacia delle nuove disposizioni. Tuttavia, il principio di irretroattività non impedisce che la legge nuova si applichi ai rapporti che, pur avendo origine sotto il vigore della legge abrogata, siano destinati a durare ulteriormente e ne modifichi l'assetto con effetto ex nunc, vale a dire dal momento della sua entrata in vigore. Ma è altresì vero che la c.d. "retroattività apparente" si verifica ogni volta in cui la nuova legge incida sugli effetti di situazioni giuridiche sorte sotto il vigore della legge precedente, purché tali effetti possano essere considerati in sé stessi, prescindendo dal fatto generatore, e gli effetti verificatisi precedentemente siano l'occasione e non la causa di quelli successivi. Si è affermato, pertanto, che, qualora la nuova legge riguardi, anche solo indirettamente, il fatto generatore, l'applicazione immediata non è possibile, poiché inciderebbe in via retroattiva sul nucleo-base di una fattispecie giuridica venuta a compiuta esistenza nel passato.

Il vincolo del prezzo massimo di cessione dell'immobile in regime di edilizia agevolata ex art. 35 della L. n. 865 del 1971, qualora non sia intervenuta la convenzione di rimozione ex art. 31, comma 49-bis della L. n. 448 del 1998 (da redigere in forma pubblica e soggetta a trascrizione), non è affatto soppresso automaticamente a seguito della caduta del divieto di alienare; ed anzi segue il bene nei successivi passaggi di proprietà, a titolo di onere reale, con efficacia naturalmente indefinita, attesa la ratio legis di garantire la casa ai meno abbienti, senza consentire operazioni speculative di rivendita.

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1114 del 2019, proposto da R.M., rappresentata e difesa dall'avv. Emanuele Ghiotto, con domicilio digitale p.e.c., come da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Cologna Veneta, in persona del Sindaco p. t., rappresentato e difeso, giusta procura a margine del presente atto, dall'avv. Luca Sorpresa, con domicilio digitale p.e.c., come da Registri di Giustizia;

nei confronti

D.S.M. e Z.A., non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione cautelare

dei seguenti atti: 1) la Delib. della Giunta Comunale di Cologna Veneta n. 112 del 12 giugno 2019, oggetto di pubblicazione dal 21.06.2019 al 06.07.2019, non notificata, avente a oggetto "Verifica del valore da corrispondere all'Amministrazione Comunale per l'alienazione dell'area sita nel Piano per l'Edilizia Popolare da parte dei sig.ri R.M., D.S.M. e Z.A. in ottemperanza all'art. 4 della Convenzione n. 2634 del 1984", con la quale è stato deliberato l'obbligo in capo alla ricorrente e ai sig.ri D.S.M. e Z.A. di pagamento della somma di € 11.145,00 e dell'Allegato A alla stessa; 2) ogni altro atto e provvedimento presupposto, connesso o comunque collegato e anche conseguente;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cologna Veneta;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore, all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 14 maggio 2024, il dott. O.C.;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

I - Con Convenzione n. 2634 del 18.06.1984, il Comune di Cologna Veneta cedeva alla Cooperativa "1 Maggio" l'area costituente i lotti G1, H1, I1, L1, M1 e N1 del P.E.E.P. di Cologna Veneta, censita al C.T. al fg. 8, mm.nn. 15, 35, 40, 34 e 15 subb. 1 e 3.

La richiamata Convenzione, all'art. 4, riportava quanto disposto dai commi 15, 16, 17, 18 e 19 dell'art. 35 della L. n. 865 del 1971 e, in particolare, che: "l'alloggio, costruito su area in proprietà ai sensi dell'art. 35 L. n. 865 del 1971, non può essere alienato a nessun titolo, né su di esso può costituirsi alcun diritto reale di godimento per un periodo di tempo di 10 anni dalla data del rilascio della licenza di abitabilità. Decorso tale periodo di tempo l'alienazione o la costituzione di diritti reali di godimento può avvenire esclusivamente a favore di soggetti aventi i requisiti per l'assegnazione di alloggi economici e popolari, al prezzo fissato dall'Ufficio Tecnico Erariale, tenendo conto dello stato di conservazione della costruzione, del valore dell'area su cui essa insiste, determinati ai sensi del precedente art. 16 e prescindendo dalla loro localizzazione, nonché del costo delle opere di urbanizzazione posto a carico del proprietario. Dopo 20 anni dal rilascio della licenza di abitabilità, il proprietario dell'alloggio può trasferirne la proprietà a chiunque o costituire su di essa diritto reale di godimento, con l'obbligo di pagamento a favore del Comune o consorzio di Comuni, che a suo tempo ha ceduto l'area, della somma corrispondente alla differenza tra il valore di mercato dell'area al momento dell'alienazione ed il prezzo di acquisizione a suo tempo corrisposto, rivalutato sulla base delle variazioni dell'indice dei prezzi all'ingrosso calcolato dall'Istituto Centrale di Statistica. Detta differenza è valutata dall'Ufficio Tecnico Erariale ed è riscossa all'atto della registrazione del contratto dal competente Ufficio del Registro, che provvede a versarla al Comune o al Consorzio di Comuni. La somma è destinata all'acquisizione di aree per la costruzione di case economiche popolari… Il versamento della somma può essere effettuato, decorso il termine di venti anni, direttamente dal proprietario, o al Comune o Consorzio di Comuni, 4 indipendentemente dal trasferimento della proprietà dell'alloggio".

Gli immobili realizzati su una delle predette aree (censiti al C.F. al fg. (...), mappa n. (...) subb. (...), (...) e (...)) venivano poi acquisiti il 29.09.1988 dalla sig.ra A.L. ed ereditati dal sig. S.L. il 16.10.2008; infine, la ricorrente sig.ra M.R. ne diveniva proprietaria, in virtù di successione in morte del sig. L., deceduto in data 23.02.2018.

Con atto di compravendita del 27.09.2018 (Rep. n. (...)), la sig.ra R. vendeva a D.S.M. e Z.A. l'immobile sopra identificato al prezzo di € 196.000,00.

Sennonché, con Delib. di Giunta comunale di Cologna Veneta n. 112 del 2019, veniva deliberato "di determinare l'istanza calcolata dall'UTC uff. patrimonio per i sig.ri R.M. (venditrice), D.S.M. e Z.A. (acquirenti) di cui in premessa approvando il prezzo di cessione rivalutato con le modalità esplicate all'art. 4 della convenzione pari a € 11.145,00 di cui all'allegato A. Di invitare i predetti alla regolarizzazione di quanto determinato al punto 1, con corresponsione all'Amministrazione comunale di Cologna Veneta della somma pari a € 11.145,00, in conseguenza della cessione dell'area di proprietà sita in V.S. n. 19 di questo Comune".

Con p.e.c. del 27.09.2019, la ricorrente chiedeva all'Amministrazione comunale resistente l'annullamento in via di autotutela della delibera sopra richiamata (per asserita violazione dell'art. 23 della L. n. 179 del 1992, con cui i commi 15, 16, 17, 18 e 19 dell'art. 35 della L. n. 865 del 1971 erano stati espressamente abrogati). Ma il Comune non provvedeva affatto in tal senso.

Insorge la ricorrente, con il ricorso notificato il 04.10.2019 e depositato il 22.10.2019, per impugnare gli atti in epigrafe indicati.

Deduce i seguenti motivi di diritto: 1) violazione di legge, art. 23 della L. n. 179 del 1992; abrogazione dei commi 15, 16, 17, 18 e 19 dell'art. 35 della L. n. 865 del 1971; 2) violazione di legge, art. 35 della L. n. 865 del 1971; eccesso di potere, violazione dell'art. 4 della Convenzione n. 2634 del 18.06.1984; eccesso di potere per incompetenza; 3) violazione di legge, art. 35 della L. n. 865 del 1971; eccesso di potere, violazione dell'art. 4 della Convenzione n. 2634 del 18.06.1984.

Si costituisce il Comune intimato per resistere nel giudizio.

Le parti cointeressate, ancorché evocate in giudizio, non si costituiscono.

Con ordinanza collegiale n. 492 dell'08.11.2019, questa Sezione respinge la domanda cautelare della ricorrente, per insussistenza del periculum in mora.

Con successive memorie, le parti ribadiscono e precisano le rispettive deduzioni e conclusioni.

All'udienza straordinaria tenutasi in via telematica il giorno 14 maggio 2024, per lo smaltimento dell'arretrato, la causa è introitata per la decisione.

II - Il ricorso è solo in parte fondato.

III - La Coop. "I Maggio", dopo aver provveduto all'edificazione degli alloggi su aree P.E.E.P., ha assegnato a L.A. la piena proprietà del lotto di terreno di 750 mq di area coperta e scoperta con sovrastante alloggio e garage, come da atto notarile di assegnazione del 29.09.1988 (Rep. n. (...) - Racc. n. (...)). Nel medesimo atto notarile, è stata richiamata nelle premesse, a pag. 4, sub lett. b), la Convenzione n. 2634 del 18.06.1984, trascritta alla Conservatoria dei RR.II. di Verona in Atti n. 1773 RG - n. 1383 R.P. il 25.01.1985.

Gli immobili in questione sono stati poi ereditati da L.S. in data 16.10.2008 e, dopo la morte di quest'ultimo, avvenuta il 23.02.2018, dalla ricorrente M.R. che, con atto di compravendita del 27.09.2018 (Rep. (...)), li ha venduti ai signori D.S. e Ziggiotto, per il prezzo di € 196.000,00, come da visura storica.

A seguito della presentazione di una CILA in data 22.10.2018 (prot. n. (...)), da parte dei nuovi acquirenti, il Comune di Cologna Veneta è venuto a conoscenza dell'atto di trasferimento, in asserita violazione dell'obbligo pattuito al terzo comma dell'art. 4 della citata Convenzione n. 2634/1984, a tenore del quale, dopo vent'anni, il proprietario che trasferisce la proprietà di un alloggio P.E.E.P. avrebbe l'obbligo di pagare a favore del Comune, che a suo tempo aveva ceduto l'area, la somma corrispondente alla differenza tra il valore di mercato dell'area al momento dell'alienazione e il prezzo di acquisizione a suo tempo corrisposto.

Dopo la comunicazione di avvio del procedimento del 05.03.2019 prot. (...), ricevuto in data 14.03.2019, poiché la signora M.R. non aveva, nei termini di legge, fatto pervenire all'Amministrazione resistente alcuna osservazione in merito, la Giunta comunale, con deliberazione n. 112 del 12.06.2019, ha approvato la procedura di verifica del valore dell'area da corrispondere all'Amministrazione comunale, in applicazione dell'art. 4 della Convenzione n. 2634/1984, pari ad € 11.145,00, come quantificato dall'Ufficio tecnico comunale - Servizio Patrimonio del Comune, invitando a provvedere alla regolarizzazione.

Con comunicazione del 25/06/2019 prot. (...), il Responsabile del Servizio Edilizia Privata-Urbanistica-Patrimonio del Comune ha inviato la relativa quantificazione, invitando l'interessata al pagamento della somma di € 11.145,00, entro i successivi 30 giorni dal ricevimento.

La ricorrente il 20.08.2019 prot. (...), ha depositato in Comune, con lettera datata il 12.08.2019, una richiesta di proroga di 60 giorni per provvedere al pagamento, proroga che è stata accordata con nota comunale del 21.08.2019 prot. (...), fino alla data del 28.09.2019.

Nelle more, con p.e.c. del 27.09.2019, la difesa di parte ricorrente, dopo aver chiesto e ottenuto copia della delibera di G.C. n. 112/2019, ne ha chiesto l'annullamento in via di autotutela, perché "quanto previsto dalla Convenzione n. 2634 del 18/06/1984 in merito all'obbligo di corrispondere al Comune di Cologna Veneta la differenza tra il valore di mercato dell'area al momento dell'alienazione ed il prezzo di acquisizione a suo tempo corrisposto - è da ritenersi soppresso e non applicabile a seguito dell'abrogazione dell'art. 35 comma 17 della L. n. 865 del 1971, disposta con la L. n. 179 del 1992".

IV - I motivi del gravame devono essere in parte disattesi.

IV.1 - Con il primo motivo, parte ricorrente ritiene che il provvedimento impugnato sia illegittimo perché l'obbligo previsto nella Convenzione n. 2634 del 1984, di cui al terzo paragrafo dell'art. 4, sarebbe venuto meno con l'entrata in vigore dell'art. 23 della L. 17 febbraio 1992, n. 179, che, al secondo comma, ha abrogato "i commi quindicesimo, sedicesimo, diciassettesimo, diciottesimo e diciannovesimo dell'art. 35 della L. 22 ottobre 1971, n. 865".

Secondo tale prospettazione, poiché la citata Convenzione si limiterebbe a richiamare integralmente quella normativa, la successiva abrogazione avrebbe fatto venir meno anche i vincoli e gli obblighi ivi contenuti.

L'assunto non è condivisibile, per almeno due ragioni.

IV.1.1 - Innanzitutto, si postula che l'abrogazione dell'art. 35, commi 15, 16, 17, 18 e 19, della L. n. 865 del 1971, abbia fatto venir meno sia il divieto di alienazione, sia la caducazione degli altri vincoli ivi contenuti. Invero, così non è.

Il comma 15 prevedeva un divieto di alienazione assoluto per 10 anni dalla data di rilascio della licenza di abitabilità, mentre il successivo comma 16 stabiliva che dopo tale periodo (primi 10 anni) e per altri 10 anni ancora, fosse vietata l'alienazione a chiunque e a prezzo libero. La cessione, infatti, in questo periodo, era consentita solo a soggetti aventi determinati requisiti soggettivi per l'assegnazione di alloggi economico-popolari e al prezzo fissato dall'Ufficio tecnico erariale, sulla base di determinati criteri di calcolo.

Dopo 20 anni dal rilascio della licenza di abitabilità, sussisteva ancora il divieto di alienazione a chiunque e a prezzo libero, in mancanza di contestuale pagamento al Comune di una somma corrispondente al maggior valore dell'area rispetto alla data di acquisto.

L'abrogazione di tali commi attiene al venir meno del vincolo di alienabilità, ma non incide sul prezzo massimo di cessione, da intendersi come comprensivo di tutti gli aspetti pecuniari ivi contenuti.

In tal senso, depone la norma di cui all'art. 31, comma 49-bis, della L. n. 448 del 1998, che così testualmente recita: "I vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni di cui all'articolo 35 della L. 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, per la cessione del diritto di proprietà o per la cessione del diritto di superficie, possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, stipulati a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile, e soggetti a trascrizione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari, per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale, determinato, anche per le unità in diritto di superficie, in misura pari ad una percentuale del corrispettivo risultante dall'applicazione del comma 48 del presente articolo. La percentuale di cui al presente comma è stabilita, anche con l'applicazione di eventuali riduzioni in relazione alla durata residua del vincolo, con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281".

Dal contesto letterale della norma si evince che il citato comma 49-bis concerne tutte le Convenzioni di cui all'art. 35 della L. n. 865 del 1971, sia che riguardino cessioni del diritto di proprietà, sia del diritto di superficie, quindi anche le Convenzioni stipulate antecedentemente all'entrata in vigore della L. n. 179 del 1992, com'è nel caso di specie.

Allo stesso modo, dal testo normativo menzionato emerge con chiarezza che il vincolo del prezzo massimo di cessione riguarda soltanto gli aspetti pecuniari di cui ai commi 16 e 17 dell'art. 35 della L. n. 865 del 1971; sarebbe illogico estendere la sua applicazione alle Convenzioni antecedenti l'entrata in vigore della L. n. 179 del 1992 (cfr.: art. 31, comma 46, L. n. 448 del 1998), aventi per oggetto la cessione di immobili in diritto di proprietà, posto che per questa tipologia di assegnazioni, fino alla L. n. 662 del 1996, non era previsto un prezzo massimo di cessione in senso stretto, ma unicamente un prezzo di cessione determinato dal Comune (comma 16) e il pagamento di una somma a titolo di indennizzo (comma 17), al fine di evitare operazioni speculative di rivendita a prezzo di mercato.

Ne discende che il vincolo del prezzo non è venuto meno con l'abrogazione del divieto di alienare, di cui ai commi 15, 16, 17, 18 e 19 dell'art. 35 della L. n. 865 del 1971, ma può essere superato attraverso l'apposita Convenzione subordinata ai tre presupposti, previsti dal citato art. 31, comma 49-bis, della L. n. 448 del 1998.

In mancanza della Convenzione, il vincolo del prezzo non è soppresso automaticamente e il suo mantenimento costituisce un ragionevole bilanciamento degli interessi in gioco: da un lato, l'autonomia negoziale dei privati, dall'altro la tutela del diritto costituzionalmente garantito all'abitazione per i meno abbienti, che verrebbe frustrato se il privato alienante non fosse tenuto a corrispondere al Comune il maggior valore dell'area P.E.E.P. rispetto alla data di acquisizione della medesima; tanto più che tale somma è destinata, ai sensi dell'art. 35, comma 17, della L. n. 865 del 1971 "all'acquisto di aree per la costruzione di case economico popolari".

In questo senso si è pronunciata la Suprema Corte, stabilendo che: "il vincolo del prezzo massimo di cessione dell'immobile in regime di edilizia agevolata ex art. 35 della L. n. 865 del 1971, qualora non sia intervenuta la convenzione di rimozione ex art. 31, comma 49 bis della L. n. 448 del 1998 (da redigere in forma pubblica e soggetta a trascrizione), non è affatto soppresso automaticamente a seguito della caduta del divieto di alienare; ed anzi segue il bene nei successivi passaggi di proprietà, a titolo di onere reale, con efficacia naturalmente indefinita, attesa la ratio legis di garantire la casa ai meno abbienti, senza consentire operazioni speculative di rivendita" (cfr.: Cass. civile, Sez. Un., 16.09.2015 n. 18135).

IV.1.2 - La tesi di parte ricorrente va disattesa, poi, sotto un ulteriore profilo.

È vero che, in base ad autorevole orientamento della giurisprudenza, tutte le alienazioni - comprese quelle riconducibili a Convenzioni stipulate prima dell'abrogazione - devono essere disciplinate dalla nuova normativa, come modificata (cfr.: Cass. civile, sez. II, 27.12.2017, n. 30951; Idem sez. I, 10.11.2008, n. 26915). Ma è, altresì, vero che la sopravvenienza normativa di cui all'art. 20 della L. n. 179 del 1992 non può modificare il contenuto di pattuizioni economiche delle pregresse Convenzioni, in assenza di una rinegoziazione delle medesime, senza che ciò produca un inaccettabile effetto perturbativo (cfr.: Cass. civile 5 marzo 2009, n. 5348; Idem, Sez. un., 10 agosto 2012, n. 14374).

Qualora il legislatore non abbia voluto farsi carico dei problemi di diritto intertemporale connessi all'entrata in vigore della nuova disciplina, spetta all'interprete procedere alla determinazione dei limiti temporali di efficacia dello ius superveniens. E, facendo richiamo ai principi generali che regolano la materia civilistica (utilizzabili per le Convenzioni tra privato e P.A., in ragione del rinvio di cui all'art. 11 L. n. 241 del 1990), si può ritenere applicabile la nuova disciplina normativa a tutte le fattispecie concrete i cui elementi costitutivi si siano verificati in un momento successivo alla sua entrata in vigore e, per quel che riguarda l'ambito contrattuale e convenzionale che qui interessa, a tutti i rapporti giuridici scaturenti da accordi perfezionatisi dopo tale momento (cfr.: Cass. civile, S.U., 19.10.2017 n. 24675).

Nel ragionamento compiuto dalla giurisprudenza civilistica, l'inapplicabilità dello jus superveniens ai rapporti in corso è una diretta conseguenza del principio di irretroattività e tale efficacia, a sua volta, è diretta conseguenza del carattere innovativo (e non meramente interpretativo) della normativa sopravvenuta desunto da vari indici, tra i quali l'espressa qualificazione fornita dal legislatore, la struttura della norma e la previsione di un termine iniziale di efficacia delle nuove disposizioni.

È vero che la Corte costituzionale, con ordinanza n. 204/1997, nel rigettare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1938 c.c., come modificato dall'art. 10 della L. n. 154 del 1992, ha affermato quanto segue: "Invero il principio di irretroattività non impedisce che la legge nuova si applichi ai rapporti che, pur avendo origine sotto il vigore della legge abrogata, siano destinati a durare ulteriormente e ne modifichi l'assetto con effetto ex nunc, vale a dire dal momento della sua entrata in vigore". Ma è altresì vero che, per la Consulta, la c.d. "retroattività apparente" si verifica ogni volta in cui la nuova legge incida sugli effetti di situazioni giuridiche sorte sotto il vigore della legge precedente, purché tali effetti possano essere considerati in sé stessi, prescindendo dal fatto generatore, e gli effetti verificatisi precedentemente siano l'occasione e non la causa di quelli successivi. Si è affermato, pertanto, che, qualora la nuova legge riguardi, anche solo indirettamente, il fatto generatore, l'applicazione immediata non è possibile, poiché inciderebbe in via retroattiva sul nucleo-base di una fattispecie giuridica venuta a compiuta esistenza nel passato.

Nel caso di specie, il vincolo di alienabilità è un elemento occasionalmente connesso, non già un elemento generatore della pattuizione connessa al prezzo massimo di cessione, sicché il venire meno del vincolo di alienabilità non influisce retroattivamente sulla pattuizione convenzionale in base alla quale l'incremento di valore dell'immobile PEEP, al momento della vendita a terzi, comporti una parziale restituzione al Comune.

Con il vincolo di alienabilità abrogato dall'art. 23 della L. n. 179 del 1992, può ritenersi abrogato anche il limite del prezzo massimo di cessione, ma ciò non equivale a dire che sia automaticamente abrogata la (occasionalmente connessa) pattuizione convenzionale in base alla quale l'incremento di valore dell'immobile PEEP oltre una certa soglia, al momento della vendita a terzi, comporti una parziale restituzione al Comune.

IV.1.3 - La ricorrente, nella sua ultima memoria, in sede di precisazione delle conclusioni, sostiene che la sentenza della Corte costituzionale n. 210/2021 (chiamata a giudicare la legittimità costituzionale dell'art. 31, commi 49-bis, 49-ter e 49-quater, della L. n. 448 del 1998, come modificato dall'articolo 25-undecies del D.L. 2 n. 119 del 2018) avrebbe statuito che il vincolo del prezzo massimo di cessione previsto nelle Convenzioni in proprietà, ex art. 35 L. n. 865 del 1971 sia da intendersi decaduto alla data di scadenza della Convenzione medesima, al pari di tutti gli altri vincoli.

Pur prescindendo dall'eccezione di irritualità e tardività della nuova censura, da ultimo formulata dall'Amministrazione resistente, va detto che, nel merito la censura è infondata, poiché la sentenza della Corte costituzionale n. 210/2021 non si pronuncia affatto sul punto, limitandosi a dichiarare "inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25-undecies del D.L. n. 119 del 2018, conv. in L. n. 136 del 2018 - nella parte in cui - ha modificato l'art. 31 della L. n. 448 del 1998, riscrivendone il comma 49 bis e aggiungendovi il comma 49 quater".

IV.2 - Il secondo motivo d'impugnazione è, viceversa, in parte fondato.

Parte ricorrente lamenta l'incompetenza del Comune e la violazione dell'art. 35, comma 17, della L. n. 865 del 1971, nonché dell'art. 4 della Convenzione, in quanto la differenza tra il valore di mercato dell'area al momento dell'alienazione e il prezzo di acquisizione a suo tempo corrisposto avrebbe dovuto essere valutata dall'Ufficio tecnico erariale (ora Agenzia delle Entrate), nonché riscossa all'atto di registrazione del contratto dal competente Ufficio del Registro, non direttamente dal Comune.

Quanto alla riscossione, non vi è dubbio che essa competa al Comune, in ragione di quanto statuito dalla Convenzione n. 2634/1984, la quale espressamente stabilisce, all'art. 4, che: "il versamento della somma può essere effettuato, decorso il termine di vent'anni, direttamente dal proprietario, al Comune o Consorzio di Comuni, indipendentemente dal trasferimento della proprietà dell'alloggio".

Ciò non significa, tuttavia, che la stima debba essere compiuta dallo stesso Ente locale. Invero, con riguardo alla stima, cioè all'Ente deputato a determinare la differenza tra il valore di mercato dell'area al momento dell'alienazione e il prezzo di acquisizione a suo tempo corrisposto, vi è una precisa norma primaria, ossia il comma 17 dell'art. 35 della L. n. 865 del 1971, che individua nell'U.T.E. (ora Agenzia delle Entrate) il soggetto competente.

È poi la stessa Convenzione del 18.06.1984 a indicare espressamente che: "detta differenza - ossia quella da corrispondere al Comune a seguito di vendita ultraventennale dell'immobile realizzato su area sottoposta a PEEP (n.d.r.) - è valutata dall'Ufficio Tecnico Erariale ed è riscossa all'atto della registrazione del contratto dal competente Ufficio del Registro, che provvedere a versarla al Comune o consorzio di Comuni".

La valutazione, pertanto, non spetta al Comune bensì all'Agenzia statale, a prescindere dalla presenza o dall'assenza di una specifica convenzione tra Ente locale e Agenzia delle Entrate, quale sarebbe prevista dall'art. 64, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 300 del 1999.

IV.3 - Infine, con il terzo motivo, parte ricorrente contesta anche nel quantum la somma richiesta dal Comune.

Tale censura può ritenersi assorbita, atteso che, in ragione dell'accoglimento parziale del secondo motivo di ricorso, il Comune dovrà affidare all'Agenzia delle Entrate la nuova stima del quantum.

V - In conclusione, il ricorso può essere accolto solo in parte, nei sensi della motivazione.

Le spese del giudizio, stante la parziale reciproca soccombenza, possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi di cui alla motivazione.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Conclusione

Così deciso, nella camera di consiglio tenutasi in via telematica il giorno 14 maggio 2024, con l'intervento dei magistrati:

Orazio Ciliberti, Presidente, Estensore

Marco Rinaldi, Consigliere

Fabio Di Lorenzo, Referendario

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